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al testo di Manuel Paolino
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L’assoluta slegatura del componimento da una qualsiasi realtà che non sia quella del poeta prima, e in una fase più evoluta quella soltanto della stessa poesia, esistente in quanto viva, scatenatrice di bellezza, corpo e forma ormai distaccatasi non solo dalla realtà esterna ma anche dal suo stesso creatore: ecco il mio approdo al creazionismo di Huidobro e di Diego. A quel sublime ‘da taschino’, surreale e fantasioso, che fa dell’armonia poetica di numerosi elementi, di numerosi piani, la sua grandiosa essenza. Il paradiso perduto, l’ignoto, si trovano ora nella stessa poesia, sopra e sotto le sue braci estetizzanti. La poesia non ricerca più il divino ma diventa essa stessa il proprio culto, non per un rifiuto, ma per necessaria deviazione. Se il poeta era un simulacro di carne capace di compiere un’evoluzione attiva, fino a controllare il proprio dono, ora gli effetti dello stesso hanno dato vita ad un nuovo soggetto animato, mobile, quindi autonomo, un altro da sé in quanto in sé. Queste cinque liriche tratte dalla mia silloge La poesia sorpresa vogliono essere qui un omaggio al creazionismo, filtrato da una poetica in cui, nella sete di ricerca che la contraddistingue, gli argini estetici, di linguaggio e di contenuto, finiscono dunque col fondersi all’interno di uno specchio indissolubilmente legato alle tappe passate, e presenti, di un personale e sempre nascente discorso poetico ed esistenziale.
Altazor
Sui fili d’erba del cielo vedo scritto il mare Rema Il cielo cieco sotto l’erba dei fili Si squarcia il sesso della parola Altazor ENTRA Nel minuscolo regno siderale Esce il gioco che si feconda Che inonda Che circonda Che al mulino sorride Che si siede sulle palpebre per vederlo varcare
Il miracolo dei lupi pende Da una campana Di una stella A una campana Di un'altra stella Pascola il poeta sull’altra faccia Della luna e cade cade cade Fino al pascolo affacciato sui remi Rotti del mare
Ed ESCE ALTAZOR Come un re gigante sulla pianura Sognata dai nani
Le palpebre allungano le gambe Impolverate di farfalle Ombre di gioco Sentiero mobile Gioco di greggi ignote Note greggi giocose Piume di note Silenzio Caduta Vedo scritto IL MARE
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Dal ritorno
MURO DI NEBBIA Furia ed acque trasparenti Divine incantatrici salvatrici Capezzoli di petali e sale Facce di diamanti Ade veggente Tentacoli delle sette teste Achille triste Agamennone tradito I massi atroci dei giganti
Schiene d’oro della sabbia Circe viola La fame infame Sole che bruca incendiati mari
Le voci Sulle labbra Intrecciate Appuntite Delle sue donne Dei seni più salati
ITACA Ancora il remo sulla spalla
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Lei
Per comprendere la purezza di LEI – che come ebbi già modo di dire perfino gli alati araldi bianchi invidiano – basti pensare a quel suo esser sbalordita: mi servirebbe un giorno intero per raccogliere tutte le sue rotonde riflessioni! Ma ce n’è una che ora mi impressiona in modo particolare.
LEI odia la Chiesa, i Papi, i vescovi, la Messa; afferma con sdegno sorpreso, e domanda a se stessa, come un uomo possa ritenersi rappresentante di Dio. Come può tale arroganza essere accettata? LEI non l’accetta. Eppure c’è una circostanza nella quale il suo cuore trova la pace. Un aspetto, soltanto uno.
LEI ama il silenzio delle chiese; sedersi, da sola, all’interno di una grande chiesa vuota: LEI, la quiete, e Dio.
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Essere e creare
Sento quel bronzo splendente ESSERE esplodere dal mio corpo; succede di notte, quando il sonno col sogno si avvicinano, quando la lingua cerca le sue foglie secche, la mandibola e la mascella le proprie piume, e la saliva aspetta la calma. Succede quando le ante del cancello cominciano a tremare: sento quel bronzo splendente esplodere dal mio corpo – o così vorrebbe – tanto da io dover tenere con le redini la mente.
Penso a Álvaro de Campos, CREARE a Ricardo Reis, a Alberto Caeiro, a Coelho Pacheco, a Bernardo Soares. Penso a Pessoa.
PENSO A TUTTE LE STALATTITI DELL’ANIMA.
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Storia di una maledizione
CONFESSO: Ho bevuto alla fonte dell’Eterna Giovinezza. Non domandatemi dove si trovi; Per arrivarci, Ho dovuto chiedere in prestito Le ali ad Icaro il sole Non le strinse fra le fiamme: Bruciò i miei occhi.
CONFESSO, Ho fatto un Patto con il Diavolo: Eterno fascino e bellezza, In cambio della vista. Non chiedetemi quando sia accaduto; So invece, Che forse dovrei cercare e uccidere La Strega che mi ha maledetto.
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